Lavorare sull’abitare non significa per noi “gestire strutture” ma piuttosto costruire percorsi all’interno dei quali insieme alla persona con disabilità si costruiscano le scelte per la soluzione abitativa più adatta alle sue esigenze del momento. Una soluzione non necessariamente definitiva ma che si adatta e si evolve insieme alla persona perché essa possa avere la qualità di vita migliore possibile.
Lo sapevi?…
“Gli Stati Parti di questa Convenzione riconoscono l’eguale diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella comunità, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e prendono misure efficaci e appropriate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e della piena inclusione e partecipazione all’interno della comunità, anche assicurando che le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, sulla base di eguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione abitativa…”
Articolo 19 della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità, intitolato “ Vita indipendente ed inclusione nella comunità”
Appartamento presso Cjasaluna
L’appartamento che si trova al secondo piano della “Cjasaluna”, indipendente dalla comunità sottostante, rappresenta il primo step del percorso verso l’autonomia abitativa. E’ infatti uno spazio, pensato per ospitare 3 persone, nel quale si può affrontare una palestra di vita indipendente con le tutele e il grado di protezione dato dalla sua collocazione.
Durante il percorso di autonomia abitativa in appartamento, i partecipanti al progetto si mettono alla prova con il sostegno degli educatori con l’obiettivo di raggiungere le capacità e al consapevolezza sufficiente per proseguire il loro percorso abitativo fuori da Cjasaluna ma pur sempre col supporto educativo de Laluna.
Vita indipendente
Definiamo così l’avvio del percorso che normalmente segue la propedeutica e che prevede che le persone con disabilità, una volta raggiunti gli obiettivi di quel progetto, trovino una soluzione abitativa autonoma con il supporto (educativo) minimo dell’Associazione Laluna.
Comunità alloggio Cjasaluna
La Comunità alloggio Cjasaluna è un’abitazione, che si trova in Via Runcis 59 a San Giovanni di Casarsa, dove persone adulte con disabilità anche molto diverse tra loro vivono in un contesto che, grazie ai numeri contenuti, gode di un clima familiare. Cjasaluna è rivolta a persone con disabilità media e lieve, prive dei genitori o in una situazione di disagio familiare, ed ha raggiunto il suo numero massimo di abitanti (8). Ogni persona riveste uno specifico ruolo all’interno della sua casa ed è parte attiva ed indispensabile nel luogo fisico e relazionale dove vive. La Comunità è gestita da personale qualificato, ma il volontariato svolge un ruolo fondamentale, in termini di supporto logistico ed educativo.
Percorso di Propedeutica all’abitare a Sacile
Il Percorso di Propedeutica all’abitare a Sacile nasce da una coprogettazione con l’Aas 5 Friuli Occidentale. Prevede la partecipazione di 3 utenti con disabilità intellettiva . Il percorso che si svolge presso un appartamento in Via Colombo a Sacile, dura di tre anni e si svolge in un contesto residenziale, per acquisire capacità e autoconsapevolezza. Il percorso è modulare: il ruolo dell’equipe educativa è molto dinamico, va da una presenza costante nel primo periodo per poi diminuire gradualmente fino a diventare presenza di supervisione all’autonomia. Una volta acquisita capacità e autoconsapevolezza, sarà possibile cercare una soluzione abitativa sul territorio, che prevederà il minimo supporto educativo.
La storia di Andrea, Gloria e Luca: i pionieri dell’autonomia abitativa a Sacile
Lo svincolo dalla figura educativa
“Adesso anche voi dovete suonare il campanello per venire a trovarci”. Una frase semplice ma che racchiude un processo molto importante, il processo di svincolo dalla figura educativa, che non rappresenta più una presenza costante, ma una “risorsa” di appoggio. Protagonisti sono tre ragazzi di 27 e 23 anni, che dopo un percorso di propedeutica all’abitare svolto da maggio del 2014 nell’appartamento di via Colombo a Sacile, sono ora gli affittuari di una propria casa, non più dell’AAS5. Gloria, Luca e Andrea pagano l’affitto, le tasse, si relazionano con il locatore, con le banche, con i nuovi vicini di casa; hanno tutti e tre un proprio lavoro (due di loro con contratti di lavoro part-time e non più borse lavoro). Il trasloco nella nuova casa, poco fuori il centro di Sacile, è stato un passaggio importante e ricco di emozioni.
Il percorso
All’inizio del percorso di propedeutica all’abitare, svolto per oltre tre anni da maggio del 2014, la presenza educativa è stata un supporto costante. L’appartamento per la propedeutica ha rappresentato una palestra, in un ambiente protetto, per poter imparare ad affrontare in prima persona scelte, responsabilità, gestendo le relazioni sociali e le proprie emozioni. I percorsi individuali sono avvenuti di pari passo ad un percorso di gruppo, consolidando man mano la relazione, e ognuno ha fatto da specchio all’altro. I tre ragazzi hanno trovato una loro identità individuale come giovani adulti, ma anche come team, arrivando a riconoscere nelle loro differenze delle risorse.
I risultati
La presenza educativa è andata via via diminuendo, con l’aumentare delle autonomie dei tre ragazzi, fino alla decisione dei tre giovani di andare a vivere insieme, in un nuovo appartamento tutto loro. “Oggi noi educatori non facciamo più turni con Andrea, Gloria e Luca, ma loro sanno che se ne hanno la necessità ci possono chiamare”. La relazione, spiegano gli educatori de Laluna, è alla pari, adulto-adulto. Il progetto di Luca, Gloria e Andrea è una testimonianza di come, se viene data loro la possibilità e lo spazio di pensarsi adulti, le persone con disabilità siano capaci di prendere la loro vita in mano e realizzare il proprio “essere adulto”.
La storia di Matilde e Cecilia
La voglia di indipendenza
Raccontare la storia di queste due donne è come descrivere quella di due treni, che rischiavano di deragliare. Si sono presentate così, nel 1998, entrambe portandosi dietro vuoti da colmare, progetti, indifferenza, affetto, tutto stipato nel corso di vent’anni. Cecilia ha rotto tutto gli schemi, le sue abilità e la sua esuberanza hanno fatto capire agli educatori che era necessario tirare una riga e ricominciare da capo. Alle soglie del duemila, nella comunità alloggio appena aperta, dove si era deciso di bandire il termine handicappato a favore di persona con disabilità, si affacciava una ragazza con la voglia di indipendenza.
Il percorso
Accompagnarla a realizzarsi ha richiesto un bellissimo percorso personale in ognuno, dove il senso di responsabilità nei suoi riguardi non doveva cadere sull’assistenzialismo, sul “decido io per te”. Compito di un educatore è cogliere le difficoltà e lavorare sulle risorse, realizzare un quadro bellissimo coi colori a disposizione ma facendo fare il disegno alla persona, non ai terzi che sentenziano intorno. Così è stato per Matilde, ora consapevole di avere una vita tutta sua e di essere maturata nella capacità di prendersi cura di se stessa.
I risultati
Oggi, dopo essere passate dalla comunità alloggio ad un appartamento sopra di essa, Cecilia e Matilde abitano in una casa in centro. Entrambe con un lavoro la mattina e con le attività di tutti i giorni il pomeriggio: la cura della casa, la gestione del tempo ibero, il ballo, la piscina. Gli educatori ci saranno sempre, ma nulla sarà così grave da non poter essere gestito prima di tutto dalla loro testa e dal loro cuore. Chi sale su un treno deve pagare un biglietto. Quello l’abbiamo pagato un pò tutti. Loro per prime, perché crescere significa tenere duro, mantenere la parola, guardarsi dentro, chiedere aiuto. L’hanno pagato i professionisti, perché c’era una visione da abbandonare e una nuova da avviare e mantenere aperta come un cantiere. L’ha pagato il paese intero, che con stupore, incredulità, paura ha accolto le nuove paesane offrendo amicizia e non assistenza. Quei binari sono più solidi di un tempo, magari ancora accidentati e imperfetti, ma rivelano quanto meraviglioso sia non scrivere la parola fine sul destino di ognuno di noi.